Veti e ingerenze della politica nei Conclavi

Anno 2013 – cardinali riuniti in pre-Conclave

L’elezione del Papa, un momento di discernimento guidato dallo Spirito Santo, è anche un evento profondamente umano, spesso sfiorato dalle ambizioni dei potenti. Nei secoli, re, imperatori e governi hanno cercato di orientare i conclavi, dai cardinali della corona che portavano la voce delle monarchie cattoliche, ai veti sovietici della Guerra Fredda, fino alle pressioni moderne di leader come Donald Trump o potenze come la Cina.

Oggi, conflitti come quello tra Russia e Ucraina o la crisi in Medio Oriente, insieme al dilagare di social media e fake news, aggiungono nuove sfide per i cardinali chiamati a scegliere il successore di Pietro. Eppure, la Chiesa, come ha mostrato Papa Francesco con il suo pontificato di pace e fraternità, ha sempre trovato la forza di resistere alle ingerenze, custodendo la sua missione evangelica. Questa è la storia di come la politica ha provato a influenzare il papato, e di come la fede ha prevalso.

I Cardinali della Corona: ambasciatori dei sovrani

Per secoli, le monarchie cattoliche di Spagna, Francia e Austria hanno esercitato il loro potere sui conclavi attraverso il cosiddetto “ius exclusivae”, un diritto di veto informale che permetteva di escludere candidati sgraditi. I “cardinali della corona”, porporati vicini a una monarchia, erano i messaggeri di queste pressioni, trasformando i conclavi in delicate partite diplomatiche.

Nel 1605, ad esempio, il conclave che elesse Leone XI fu segnato dallo scontro tra Spagna e Francia, che si contendevano l’influenza sull’Italia. Il cardinale Cesare Baronio, un uomo di grande erudizione, fu bloccato dal veto spagnolo, che lo considerava troppo indipendente.

Leone XI, eletto rapidamente, fu un compromesso per calmare le tensioni. Un secolo dopo, nel 1700, il conclave che portò a Clemente XI si svolse alla vigilia della Guerra di Successione Spagnola. I cardinali della corona, come Francesco Maria de’ Medici, legato agli Asburgo, lavorarono per un Papa che non alterasse gli equilibri tra Austria e Spagna, portando alla scelta di un italiano moderato.

Il Conclave del 1823

Nel 1823, l’Europa era ancora scossa dalle tempeste napoleoniche, e il conclave che elesse Leone XII divenne un perfetto campo di battaglia politico. L’Austria, potenza dominante della restaurazione, voleva un Papa che non minacciasse il suo controllo sullo Stato Pontificio. Quando il cardinale Antonio Gabriele Severoli si avvicinò all’elezione, a soli sette voti dalla vittoria, il cardinale Giuseppe Albani, voce di Vienna, si alzò con un foglio in mano. Con tono grave, dichiarò che l’imperatore Francesco I d’Austria, usando lo ius exclusivae, escludeva Severoli, considerato troppo autonomo. Il veto fu un colpo duro, e i cardinali, pur sconcertati, si piegarono alla volontà del sovrano.

La Francia, non da meno, fece pressioni contro i candidati “zelanti”, come Annibale della Genga, giudicato troppo rigorista. Il duca di Laval, emissario dei Borboni, inviò una lettera per scoraggiare i cardinali francesi. Nel caos, i sostenitori di Severoli cercarono un’alternativa, mentre il gruppo del cardinale Ercole Consalvi propose Pio Castiglioni. Ma Castiglioni, malato e legato a Consalvi, non convinse. Un altro candidato, Giulio Maria della Somaglia, perse terreno per un’ombra del passato: durante l’occupazione napoleonica, si era firmato “Cittadino Somaglia”, un titolo che lo fece apparire compromesso con idee rivoluzionarie.Alla fine, i cardinali trovarono un compromesso in Annibale della Genga. Il 28 settembre 1823, con 34 voti, fu eletto, scegliendo il nome di Leone XII. Quel conclave, segnato da veti e trattative, mostrò quanto la politica potesse soffocare la libertà del Collegio Cardinalizio, ma anche come i cardinali riuscissero a trovare una via d’uscita.

La vergogna del 1903

Nel 1903, il conclave che elesse Pio X fu teatro dell’ultimo veto monarchico della storia. Il cardinale Mariano Rampolla del Tindaro, segretario di Stato di Leone XIII, era a un passo dall’elezione, forte della sua visione aperta e della sua esperienza diplomatica. Ma la sua politica, percepita come filo-francese e ostile all’Austria, allarmò l’imperatore Francesco Giuseppe. Durante una seduta cruciale, il cardinale Jan Puzyna de Kosielsko, emissario di Vienna, si alzò e, con un foglio in mano, pronunciò parole che sconvolsero i presenti: “Mi faccio onore… di dichiarare in nome e con l’autorità di Sua Maestà Apostolica Francesco Giuseppe… che pronuncia il veto d’esclusione contro l’Eminentissimo Signor Cardinale Mariano Rampolla del Tindaro.”

L’annuncio fu accolto con indignazione. “Un episodio disgustoso”, commentò il cardinale Andrea Carlo Ferrari. “Grande e penosa l’impressione di tutti”, aggiunse Domenico Ferrata. I cardinali, pur oltraggiati, accettarono il veto, e i voti di Rampolla crollarono.

Giuseppe Sarto, un pastore umile, fu eletto come Pio X. Sei mesi dopo, con la costituzione Commissum Nobis, Pio X abolì il jus exclusivae, minacciando di scomunica chiunque lo usasse in futuro. Quel conclave segnò la fine di un’epoca, ma non delle ingerenze politiche.

Il primo conflitto mondiale e la nascita dell’URSS

La Prima Guerra Mondiale fece crollare le grandi monarchie, riducendo il potere delle corone cattoliche. Ma in questo scenario rinnovato emersero forze nuove. Durante la Guerra Fredda, l’URSS cercò di influenzare i conclavi per evitare Papi anti-comunisti, usando pressioni indirette come dossier e limitazioni ai cardinali dell’Est.

Un caso significativo è quello del cardinale Gregorio Pietro Agagianian, patriarca armeno e papabile nei conclavi del 1958 e del 1963. Nell’elezione che vide la vittoria di Giovanni Battista Montini, Agagianian era un candidato di peso, ma la sua corsa fu fermata da un’operazione del SIFAR, i servizi segreti italiani. Un dossier, diffuso tra i cardinali, accusava la sorella settantenne di Agagianian, Elizabeta Papikova, di contatti con il KGB durante una visita a Roma.

Le accuse, riportate da Trenta Giorni, erano deboli – un incontro con l’ambasciata sovietica – ma sufficienti a screditare Agagianian, erroneamente dipinto come filo-russo nonostante la sua opposizione al comunismo. Questo episodio rivela come le intelligence nazionali potessero manipolare i conclavi, sfruttando le paure della Guerra Fredda.

Pressioni globali

Con la globalizzazione, le influenze politiche si sono fatte più sfumate, passando da veti a pressioni mediatiche e diplomatiche. Nel 1978, l’elezione di Karol Wojtyła fu segnata dal contesto della Guerra Fredda. Il cardinale Stefan Wyszyński, indimenticato leader dellaChiesa polacca, sostenne Wojtyła come un Papa capace di sfidare l’URSS a muso duro, e la sua nazionalità polacca giocò un ruolo chiave.

Nel 2013, l’elezione dell’argentino Jorge Mario Bergoglio rispose al bisogno di un Pontefice che parlasse alle periferie del mondo, in un’epoca di disuguaglianze e crisi ambientali.

L’influenza della Cina

La Cina, pur avendo ben pochi legami con il mondo cristiano, esercita un’influenza indiretta sui conclavi attraverso il controllo sulla Chiesa cattolica cinese. L’accordo sino- vaticano del 2018, voluto da Francesco, e che porta la firma del Segretario di Stato Pietro Parolin, regola la nomina dei vescovi, ma Pechino mantiene un potere di veto su alcuni candidati, limitando la libertà della Chiesa.

In conclave, la Cina potrebbe preferire un Papa che non critichi il suo regime, specialmente su temi come i diritti umani. Cardinali asiatici, come Tarcisio Kikuchi, arcivescovo di Tokyo e figura di dialogo, o Luis Antonio Tagle, che può vantare origini cinesi da parte di madre, potrebbero essere influenzati dal peso geopolitico di Pechino, che teme un Pontefice troppo incisivo come Bergoglio.

Le guerre nel mondo

I conflitti attuali complicano il panorama del prossimo conclave. La guerra Russia-Ucraina, iniziata nel 2022, ha polarizzato il mondo cattolico. Cardinali come Konrad Krajewski, polacco e vicino agli ultimi, e Mykola Byčok, ucraino e vescovo in Australia, sono percepiti come pro-Ucraina, il che potrebbe rafforzarne o indebolirne la candidatura a seconda delle fazioni. Al contrario, Péter Erdő, arcivescovo di Budapest, potrebbe essere guardato con sospetto dall’Ucraina solo per la sua nazionalità ungherese, vista la vicinanza politica di Viktor Orban alla Russia.

In Medio Oriente, la crisi tra Israele e Palestina crea ulteriori tensioni. Il patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, figura di pace e dialogo, potrebbe essere un candidato simbolico, ma la sua critica alle violenze nella regione, in linea con Francesco, potrebbe alienare chi cerca un Papa meno impegnato su temi geopolitici. La decisione di Israele di rimuovere i post di cordoglio per Francesco e le accuse di “incitamento all’antisemitismo” da parte di Dror Eydar, riflettono un clima di ostilità che potrebbe pesare su cardinali percepiti come critici di Israele.

Social media e fake news

Nell’era digitale, social media e fake news sono una minaccia inedita per i conclavi.

Piattaforme come X e TikTok possono amplificare narrazioni tossiche, influenzando l’opinione pubblica e, indirettamente, i cardinali. Il post di Marjorie Taylor Greene del 2025, che celebrava la morte di Francesco come la sconfitta del “male” ha raggiunto milioni di utenti, alimentando divisioni tra cattolici. Fake news, come il dossier su Agagianian, potrebbero colpire candidati come Matteo Zuppi, noto per la sua opera di pace, dipingendolo come “di sinistra” per screditarlo. La Chiesa, per proteggere il conclave, ha rafforzato la segretezza, ma il rumore digitale resta una sfida quantomai attuale.

I veti dei potenti

Donald Trump ha recentemente lasciato intendere di volere un Papa vicino ai valori conservatori repubblicani, specialmente su immigrazione e famiglia. Numerosi sono i cardinali statunintensi che entreranno in conclave, ma non di tutti si può affermare che siano allineati al pensiero dell’inquilino della Casa Bianca. È il caso, per esempio, di Robert Francis Prevost, voce autorevole e indipendente del clero americano in Vaticano, da molti considerato come un papabile per la successione di Francesco. Tra i porporati più vicini al Tycoon newyorkese figurano invece l’arcivescovo di New York Timothy Dolan e il Patrono emerito del Sovrano Militare Ordine di Malta Raymond Leo Burke, vero e proprio baluardo del tradizionalismo cattolico.

La forza della Chiesa

Dai veti dei re ai dossier dei servizi segreti, dal caos dei social alle pressioni di potenze globali, la storia dei conclavi è una testimonianza della resilienza della Chiesa. Papa Francesco, con il suo invito a costruire ponti, ha mostrato che il papato può trascendere le logiche del potere. Come disse nel 2013, “la Chiesa non è un’ONG, ma una comunità che vive il Vangelo”. Il prossimo conclave, in un mondo ferito da guerre e disinformazione, sarà chiamato a scegliere un pastore che porti avanti questa visione, guidato dallo Spirito Santo e dalla libertà di dire no ai giochi della politica.