Negli Stati Uniti è ufficialmente iniziato il processo che vede Google accusato di monopolio. È la sfida legale più grande affrontata dal gigante tecnologico da quando, oltre vent’anni fa, Microsoft fu trascinata in tribunale per motivi simili. Il Dipartimento di Giustizia americano, insieme a diversi stati federali, accusa Google di mantenere il suo dominio assoluto sul mercato dei motori di ricerca attraverso pratiche anticoncorrenziali.
Al centro del caso c’è l’accusa che Google abbia stretto accordi multimiliardari — in particolare con Apple — per mantenere il proprio motore di ricerca come impostazione predefinita su smartphone e altri dispositivi, bloccando di fatto la concorrenza. Il procedimento, che si prevede durerà diversi mesi, potrebbe avere ripercussioni profonde sul mondo della tecnologia.
Secondo il governo americano, Google controlla circa il 90% del mercato dei motori di ricerca negli Stati Uniti, una posizione dominante che avrebbe consolidato tramite pratiche scorrette. Se la corte dovesse dare ragione all’accusa, Google rischierebbe sanzioni enormi, fino alla possibilità — seppure remota — di una divisione delle sue attività. Più realisticamente, potrebbero essere imposte restrizioni pesanti sulle modalità con cui il colosso stipula accordi commerciali in futuro. Google respinge con forza tutte le accuse.
L’azienda sostiene che i suoi successi siano il risultato di un prodotto superiore e di scelte consapevoli da parte degli utenti, non di pratiche monopolistiche. Gli avvocati difensori puntano a dimostrare che gli utenti sono liberi di cambiare motore di ricerca in qualsiasi momento e che la concorrenza — da Bing a DuckDuckGo — è viva e vegeta.
Nel processo verranno analizzati accordi chiave, strategie di mercato, dati di utilizzo e testimonianze di grandi aziende tecnologiche, comprese Apple e Samsung. Il processo contro Google rappresenta una prova cruciale per l’antitrust americano, che da anni promette una stretta sui giganti del web senza risultati concreti. Una vittoria del governo potrebbe aprire la strada ad azioni simili contro altre Big Tech come Amazon, Apple e Meta.
Più in generale, il procedimento stabilirà un precedente significativo su come dovrà essere regolato il potere delle piattaforme tecnologiche nel prossimo decennio. Il futuro del monopolio digitale è, per la prima volta da anni, davvero in discussione.