Paradisi fiscali: quattro sono in Europa

Un rapporto della Cgia rivela che l’Europa ha il primato di poter ospitare i primi quattro paradisi fiscali al mondo: il Principato di Monaco, il Granducato del Lussemburgo, il Liechtenstein e le Channel Islands che sono situate nel canale della Manica. Solo al quinto si trova l’unico paradiso fiscale non europeo di questa black list: le Bermuda.

Molti contribuenti italiani si sono trasferiti in particolare a Montecarlo e in Lussemburgo. dove sarebbero circa 8mila i connazionali che hanno deciso di trasferire la propria residenza nel Principato di Monaco per via delle tasse zero sul reddito e sugli immobili. Tra questi ci sono grandi imprenditori, sportivi e celebrità dello spettacolo.

In Lussemburgo si trovano sei banche italiane, una cinquantina di fondi d’investimento, vari istituti assicurativi e molte multinazionali italiane e straniere che operano nel nostro territorio. Si stima che grazie alle attività illecite di tasferimento di fondi nei “paradisi fiscali” ogni anno ‘sfuggono’ all’erario italiano circa 10 miliardi di euro.

Per contrastare quei Paesi che applicano alle big company politiche fiscali compiacenti,

Dal 2024 al fine di contrastare quei Paesi che applicano alle big company politiche fiscali compiacenti, è entrata in vigore la global minimum tax (gmt) che secondo il dossier curato dal Servizio Bilancio della Camera dei Deputati, il gettito previsto dalla sola applicazione dell’aliquota del 15% sulle multinazionali sarà molto contenuto. Si stima che nel 2025 il nostro erario incasserà 381,3 milioni di euro, nel 2026 427,9 e nel 2027 raggiungerà i 432,5. Nel 2033, ultimo anno in cui nel documento si stimano le entrate, le stesse dovrebbero sfiorare i 500 milioni di euro.

L’anno scorso la global minimum tax ha interessato 19 Paesi del’UE: Spagna e Polonia, invece, l’applicheranno da quest’anno, mentre Estonia, Lettonia, Lituania, e Malta hanno ottenuto una proroga sino al 2030. Cipro e Portogallo, infine, sono chiamate a rispondere alla sollecitazione giunta da Bruxelles che ha recapitato loro una lettera di messa in mora. Per le grandi holding presenti nei in UE rimane ancora la possibilità, almeno per i prossimi cinque/sei anni, di spostare parte degli utili in alcuni paesi membri dove la tassazione continua essere molto favorevole.

A fronte di oltre 17,6 milioni di addetti presenti in Italia, gli occupati nelle multinazionali (siano esse estere o italiane) sono 3,5 milioni, pari al 20 per cento del totale. A livello territoriale la quota sul totale occupati regionali sale al 24,4 in Emilia Romagna, al 25,1 in Friuli Venezia Giulia, al 25,3 in Piemonte e al 27 per cento in Lombardia. Se, invece, cii si riferisce al fatturato, il dato annuo riferito all’intero sistema produttivo del Paese è di 4.322 miliardi di euro, mentre la quota riconducibile alle big company è di 1.975 miliardi di euro.

Quindi, quasi la metà del fatturato prodotto dalle imprese private nel Paese, per la precisione il 45,7%, è ascrivibile alle nostre multinazionali o a quelle estere che hanno delle società controllate che operano in Italia. Su base regionale, tale dato aumenta al 49,8% in Friuli Venezia Giulia, al 51,8% in Liguria, al 52,6% in Lombardia e addirittura al 66,9% nel Lazio.

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