Una pandemia invisibile: le malattie cardiovascolari

Cardiologia

Nel panorama della salute globale, le malattie cardiovascolari (CVD) emergono come una delle sfide più pressanti e complesse del nostro tempo. Dietro le statistiche e i numeri si cela una realtà che tocca la vita di milioni di persone in tutto il mondo, influenzando non solo la salute individuale, ma anche i sistemi sanitari e le economie nazionali.

Le CVD sono la principale causa di morte a livello globale, con circa 17,9 milioni di decessi all’anno e colpiscono persone di tutte le età e nonostante i progressi medici, il numero di casi continua ad aumentare.

Questo case study si propone dunque come uno strumento di sensibilizzazione e azione, che va oltre la semplice presentazione di dati. L’obiettivo è quello di offrire una comprensione profonda della gravità di questo fenomeno, stimolando una riflessione collettiva e una presa di coscienza. Comprendere la reale portata e l’impatto delle malattie cardiovascolari è fondamentale per innescare cambiamenti significativi, sia a livello individuale che nell’ambito delle politiche sanitarie pubbliche.

Le malattie cardiovascolari (CVD) rappresentano una delle più grandi minacce per la salute globale. Ogni anno, quasi 18 milioni di vite vengono spezzate da queste patologie, con infarti e ictus responsabili dell’80% di tali decessi. Ciò che rende queste statistiche ancora più allarmanti è che molte di queste morti colpiscono prematuramente, prima dei 70 anni.

 Le malattie cardiovascolari comprendono una vasta gamma di disturbi che colpiscono il cuore e il sistema circolatorio, tra cui:

  • La cardiopatia ischemica, con 200 milioni di casi, ostruisce le arterie coronarie, riducendo l’apporto di sangue al cuore e aumentando il rischio di infarto.
  • La malattia arteriosa periferica, che affligge 110 milioni di persone, restringe le arterie degli arti, causando dolore e limitazioni funzionali.
  • L’ictus, responsabile di gravi danni in 100 milioni di individui, interrompe il flusso sanguigno al cervello, provocando danni potenzialmente irreversibili.
  • La fibrillazione atriale, presente in 60 milioni di casi, altera il ritmo cardiaco, aumentando significativamente il rischio di ictus.

L’impatto di queste condizioni è vasto e in crescita. Attualmente, circa 620 milioni di persone convivono con malattie cardiache e circolatorie, un numero che è raddoppiato dal 1990. Sorprendentemente, 1 persona su 13 nel mondo soffre di una malattia cardiovascolare, con una prevalenza leggermente maggiore nelle donne (290 milioni) rispetto agli uomini (260 milioni).

La portata di questo problema è difficile da comprendere: ogni anno, circa 60 milioni di nuove persone sviluppano una malattia cardiovascolare, un numero quasi pari all’intera popolazione del Regno Unito. Questo aumento costante è alimentato da stili di vita sempre più sedentari, dall’invecchiamento della popolazione e, paradossalmente, da migliori tassi di sopravvivenza agli eventi cardiovascolari acuti.

Tuttavia, ciò che rende questa situazione particolarmente sconcertante è che fino all’80% delle malattie cardiovascolari potrebbero essere prevenute. Semplici cambiamenti nello stile di vita (una dieta più sana, la riduzione del consumo di alcol e tabacco, e il miglioramento della qualità dell’aria che respiriamo) potrebbero avere un impatto drastico su queste statistiche.

Di fronte a questa realtà, sorge una domanda cruciale: come possiamo trasformare la conoscenza in azioni concrete per invertire una tendenza tanto allarmante?

La prima causa di morte in Italia e nel mondo

Le malattie cardiovascolari sono, complessivamente, la causa di morte più comune a livello mondiale.

Nel 2000, circa 14 milioni di persone sono morte a causa di malattie cardiovascolari a livello globale, mentre nel 2019 il numero è salito a quasi 18 milioni.

In particolare, la principale causa di morte a livello mondiale è la cardiopatia ischemica, responsabile del 13% dei decessi totali. Dal 2000, questa malattia ha visto il maggior aumento, con 2,7 milioni di decessi in più, per un totale di 9 milioni nel 2021.

In Italia, la cardiopatia ischemica è storicamente la principale causa di morte, seguita dall’ictus. Dal 2020, il COVID-19 è salito al secondo posto, ma la cardiopatia ischemica rimane al primo posto con un tasso di 141,97 decessi ogni 100.000 abitanti nel 2021.

Le malattie cardiovascolari continuano a rappresentare una grave minaccia per la salute globale, con tassi di mortalità che variano significativamente tra i diversi paesi.

Nella top 3 per decessi correlati a CVD ci sono Uzbekistan, Nauru e Azerbaigian.

PaeseTasso di Mortalità (per 100.000 persone)Tasso di Prevalenza di Malattie Cardiache (per 100.000 persone)Note
Uzbekistan79812.566Oltre il 64% dei decessi nel 2019 sono attribuibili a malattie cardiache, simbolo di una grave crisi di salute pubblica
Nauru72217.904Le cattive abitudini alimentari, ricche di grassi e zuccheri, e uno dei più alti tassi di obesità contribuiscono significativamente ai tassi elevati di malattie cardiache. Per contrastare questa situazione, il paese ha introdotto una tassa del 30% su zucchero e bevande zuccherate.
Azerbaigian627Non specificatoPersistono sfide legate alle disparità geografiche e a un sistema di pagamento che privilegia la quantità sulla qualità dell’assistenza

Tra i paesi che fanno parte delle principali economie mondiali*, ci sono stati più di 14 milioni di decessi per malattie cardiovascolari (CVD) nel 2019.

  • La Federazione Russa, l’Unione Europea e l’Indonesia hanno i tassi di mortalità per CVD più alti (rispettivamente 433, 389 e 383 per 100.000 abitanti).
  • Giappone, Francia e Corea hanno i tassi di mortalità più bassi (rispettivamente 77, 91 e 95 per 100.000 abitanti).
  • Il tasso di mortalità in Italia è di 115 per 100.000 abitanti.

*Argentina, Australia, Brasile, Canada, Cina, Francia, Germania, India, Indonesia, Italia, Giappone, Repubblica di Corea, Messico, Russia, Arabia Saudita, Sudafrica, Turchia, Regno Unito, Stati Uniti, Unione Europea e Spagna

Quali sono i principali fattori di rischio delle malattie cardiovascolari?

Le malattie cardiovascolari non colpiscono casualmente. Numerosi fattori contribuiscono al loro sviluppo, alcuni dei quali sono al di fuori del nostro controllo, mentre altri possono essere modificati attraverso scelte di vita consapevoli. Comprendere questi fattori è fondamentale per intraprendere azioni preventive efficaci.

Fattori di rischio non modificabili

Ci sono aspetti della nostra vita che non possiamo cambiare, ma che è importante conoscere per una valutazione completa del rischio cardiovascolare. Questi fattori intrinseci possono influenzare significativamente la nostra predisposizione alle CDV:

  • Età: all’aumentare dell’età, aumenta il rischio di sviluppare malattie cardiache.
  • Sesso: le donne tendono a sviluppare CVD circa 10 anni più tardi rispetto agli uomini, ma spesso presentano esiti peggiori (tasso di mortalità più elevato e una prognosi peggiore).
  • Familiarità: il rischio di sviluppare CVD aumenta se si ha un parente che ha sviluppato malattie cardiache prima dei 55 anni.
  • Razza: gli afroamericani hanno un rischio maggiore di sviluppare malattie cardiovascolari e sono più propensi a morire di malattie cardiache rispetto ai bianchi.

Le differenze di genere rivestono un ruolo fondamentale nel rischio di malattie cardiovascolari. Negli uomini, il rischio aumenta costantemente con l’età. Al contrario, nelle donne, gli estrogeni offrono una certa protezione durante l’età fertile. Tuttavia, dopo la menopausa, si osserva un significativo incremento dell’incidenza di ictus e ipertensione, che diventa circa 2-4 volte maggiore rispetto al periodo fertile. Questo aumento fa sì che, dopo i 75 anni, le donne presentino un rischio superiore a quello degli uomini.

L’American Heart Association riporta che l’incidenza di malattie cardiovascolari negli Stati Uniti, in uomini e donne, è del:

  • 40% per un’età compresa tra 40-59 anni;
  • 75% tra i 60-79 anni;
  • 86% nelle persone di età superiore a 80 anni.

Fattori di rischio modificabili

Fortunatamente, molti dei fattori che influenzano il rischio cardiovascolare sono sotto il nostro controllo. Come visto in precedenza, agendo su questi fattori, è possibile prevenire fino all’80% delle malattie:

  • Ipertensione
  • Dieta scorretta
  • Colesterolo elevato
  • Inquinamento atmosferico
  • Tabacco (compreso il fumo passivo)
  • Diabete
  • Obesità
  • Sedentarietà

In Italia, lo stile di vita continua a essere caratterizzato da comportamenti che aumentano il rischio di malattie cardiovascolari, nonostante alcuni timidi miglioramenti.

  • Tabacco: circa il 20% della popolazione è ancora fumatrice, con una prevalenza maggiore tra gli uomini, che consumano in media 13 sigarette al giorno, contro le 11 delle donne. Anche l’uso delle sigarette elettroniche è in crescita ma rimane inferiore al 10%.
  • Attività fisica: un terzo degli uomini e quasi la metà delle donne non pratica attività fisica nel tempo libero, con picchi di inattività particolarmente elevati nelle regioni meridionali, dove il 66% delle donne non svolge attività fisica. Si nota che la sedentarietà è più diffusa tra chi ha un livello di istruzione più elevato, con il 18% degli uomini (contro l’8%) e il 21% delle donne (contro il 9%). Il 16% degli uomini e il 18% delle donne sono classificati come sedentari sia al lavoro che nel tempo libero.
  • Alimentazione: meno del 30% della popolazione consuma la giusta quantità di verdure. Sebbene le donne tendano ad avere abitudini alimentari più equilibrate rispetto agli uomini, il consumo di carne processata rimane eccessivo. Si constata che a rispettare i consumi sono l’11% degli uomini e il 21% delle donne (rispettivamente 36,4 g/giorno e 24,4 g/giorno).
  • Consumo di zuccheri: il consumo di zucchero pro capite ha toccato i 32,2 kg nel 2021, mantenendo l’Italia al 48º posto tra 165 paesi per consumo di zucchero. Storicamente, il consumo di zucchero pro capite in Italia ha raggiunto un massimo storico di 32,4 kg nel 2019 e un minimo storico di 22,6 kg nel 1961. In generale si evidenzia che il 54% degli uomini e il 60% delle donne consumano bevande zuccherate entro i limiti raccomandati (100 mL/giorno e 73 mL/giorno)
  • Alcool: nonostante il 70% della popolazione consumi alcol entro i limiti raccomandati, il quadro complessivo resta preoccupante.

In generale negli ultimi decenni, si è osservato un leggero calo nel numero di fumatori, ma un aumento della sedentarietà. Alcuni miglioramenti nell’alimentazione, come il maggiore consumo di verdure (sebbene sempre insufficiente), sono stati controbilanciati da un eccesso nel consumo di carne lavorata e zuccheri. Gli anziani, inoltre, mostrano tendenze più salutari, con una minore sedentarietà e un miglior controllo del consumo di alimenti non sani.

La situazione complessiva in Italia presenta diverse criticità, evidenziando l’urgenza di interventi mirati per incentivare stili di vita più sani e ridurre l’incidenza delle malattie cardiovascolari.

Le malattie cardiovascolari rimangono, nel 2024, la principale causa di morte in Italia, con pesanti ripercussioni sia sul piano sanitario che economico. Il Sistema Sanitario Nazionale (SSN) spende circa 16 miliardi di euro all’anno per la cura di queste patologie, a cui si aggiungono circa 5 miliardi legati alla perdita di produttività.

  • Costi: Le malattie del sistema circolatorio rappresentano il 21% degli assegni di invalidità (INPS 2001-2015).
  • Ricoveri: Oltre 900.000 ricoveri ospedalieri all’anno sono attribuiti a queste condizioni.
  • Proiezioni: Entro il 2030, i decessi per malattie cardiovascolari in Italia e in Europa potrebbero aumentare da 17 a 23 milioni all’anno.
  • Costi Totali: I costi diretti legati a queste patologie si avvicinano ai 20 miliardi di euro ogni anno.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha classificato questa crisi come un’emergenza globale, sollecitando azioni immediate per ridurre l’onere economico e migliorare la salute pubblica.

Oggi, la prevenzione, rappresenta la strategia chiave per contrastare questa tendenza:

  • prevenzione primaria: che si concentra sulla promozione di stili di vita sani e sulla riduzione dei fattori di rischio;
  • prevenzione secondaria: mirata a evitare recidive in coloro che hanno già subito eventi cardiovascolari.

Una sfida collettiva: il ruolo dell’Italia e dell’Europa

Un recente rapporto della Federazione Europea delle Industrie e Associazioni Farmaceutiche (EFPIA), elaborato dalla London School of Economics and Political Science (LSE), ha evidenziato il pesante impatto socio-economico delle malattie cardiovascolari e avanzato raccomandazioni concrete per contrastare questa crescente epidemia.

Quali sono i dati emersi?

  • Gestione dei fattori di rischio: gestendo meglio i fattori di rischio, il 70% delle persone con malattie cardiovascolari potrebbe evitare oltre 1 milione di eventi fatali in Europa nei prossimi dieci anni.
  • Impatto in Italia: una gestione efficace della glicemia, del colesterolo LDL e della pressione arteriosa potrebbe salvare fino a 150.000 vite.
  • Riduzione del fumo: una significativa diminuzione del fumo tra i pazienti potrebbe prevenire circa 27.000 decessi all’anno, pari a 270.000 vite in un decennio.
  • Decessi nel 2019: circa 1,8 milioni di decessi sono legati a malattie cardiovascolari aterosclerotiche; una riduzione del 5% di questi eventi avrebbe un impatto considerevole sulla salute pubblica.
  • Spese sanitarie: nel 2021, i sistemi sanitari europei hanno speso oltre 282 miliardi di euro per le malattie cardiovascolari, evidenziando l’enorme costo economico e la perdita di produttività.
  • Decessi evitabili: Due terzi riguardano persone in età lavorativa, sottolineando il costo umano e le conseguenze sociali.

Per affrontare efficacemente le malattie cardiovascolari in Europa, è necessario:

  • Migliorare la standardizzazione dei trattamenti.
  • Ottimizzare l’applicazione delle linee guida scientifiche.
  • Promuovere un’azione coordinata tra politici, professionisti sanitari e società.

La prevenzione inizia a tavola: il ruolo della dieta contro le malattie cardiovascolari

Se da una parte il ruolo di governi, politici e istituzioni sanitarie è fondamentale per promuovere politiche e strategie di prevenzione a livello nazionale, dall’altra anche noi, come individui, possiamo fare la nostra parte. Ogni giorno, attraverso scelte consapevoli legate al nostro stile di vita, abbiamo il potere di ridurre significativamente il rischio di incidenza delle malattie cardiovascolari.

Una dieta equilibrata, povera di grassi saturi, zuccheri e sale, può ridurre il rischio di CVD, mentre cibi ricchi di frutta, verdura, cereali integrali e legumi offrono protezione grazie a effetti anti-infiammatori e antiossidanti. Gli studi evidenziano che il consumo eccessivo di carne rossa e lavorata aumenta il rischio cardiaco, mentre una dieta vegetale offre protezione attraverso effetti anti-infiammatori e antiossidanti, migliorando la qualità della vita.

Il lato amaro dello zucchero

È stato dimostrato che un elevato consumo di zucchero può aumentare il rischio di malattie cardiovascolari (CVD) e contribuire allo sviluppo della sindrome metabolica. Un recente studio del 2020 ha esaminato gli effetti di diete ad alto e basso contenuto di zucchero su 25 uomini di mezza età con rischio elevato di CVD, in un intervento randomizzato di 12 settimane.

I partecipanti sono stati suddivisi in due gruppi:

  • Dieta ad alto contenuto di zucchero: il 24% dell’energia proveniva dallo zucchero.
  • Dieta a basso contenuto di zucchero: il 6% dell’energia proveniva dallo zucchero.

Entrambi i gruppi hanno mantenuto una quantità complessiva simile di carboidrati, grassi e fibre.

Ecco i risultati principali:

  • Con la dieta ad alto zucchero, si è osservato un aumento di:
    • Peso corporeo;Circonferenza della vita;Massa grassa;
    • Trigliceridi plasmatici.
  • Con la dieta a basso zucchero, si è osservato:
    • Riduzione del colesterolo LDL e del colesterolo totale;Aumento del colesterolo HDL;
    • Riduzione del peso corporeo, della circonferenza vita e della massa grassa.

Questi dati dimostrano chiaramente che ridurre il consumo di zuccheri ha effetti benefici significativi sulla salute cardiovascolare. Limitare l’assunzione di zucchero a meno del 10% dell’energia totale è cruciale per ridurre il rischio di CVD e migliorare il benessere complessivo.

Cibi di origine animale

È stato evidenziato che gli alimenti di origine animale, soprattutto la carne, possono favorire l’infiammazione e lo stress ossidativo, aumentando il rischio di malattie cardiovascolari (CVD).

Un rapporto condotto sulla popolazione americana e pubblicato su JAMA Internal Medicine nel 2019 ha esaminato la relazione tra il consumo di carne e il rischio di CVD. Lo studio ha coinvolto 29.682 partecipanti, con un’età media di 53,7 anni, di cui:

  • 44,4% uomini
  • 30,7% non bianchi

Cosa si è evinto da questa analisi?

  • Il consumo di carne lavorata è associato a un aumento del 7% del rischio di CVD per ogni incremento di porzione.
  • Il consumo di carne rossa non lavorata è collegato a un aumento del 3% del rischio di CVD per ogni porzione aggiuntiva.
  • Il pollame è risultato associato a un aumento di rischio di malattie cardiovascolari.
  • Nessuna associazione significativa è stata riscontrata tra il consumo di pesce e il rischio di CVD.

Questi dati evidenziano l’importanza di ridurre il consumo di carne, in particolare quella lavorata e rossa, per ridurre i rischi legati alla salute cardiovascolare e favorire una vita più lunga.

FattoreMeccanismoEffetto sulle CVD
ZuccheroSovraccarico di glucosioIperglicemia
Resistenza all’insulinaAumento rischio di diabete tipo 2 e CVD
Conversione in trigliceridiDislipidemia e aterosclerosi
Infiammazione cronicaDanno vascolare e formazione placche
Carne (rossa e lavorata)Aumento colesterolo LDLAterosclerosi
Radicali liberi e stress ossidativo (ferro eme)Danno endoteliale e accelerazione aterosclerosi
Sodio e nitratiIpertensione e danno arterioso

Le ricerche dimostrano che le diete prevalentemente a base vegetale o completamente plant-based riducono significativamente il rischio di problemi cardiaci.

Non a caso le popolazioni più longeve al mondo, come quelle delle Zone Blu*, consumano principalmente cibi vegetali e godono di una salute cardiaca migliore. In pratica, più frutta, verdura, cereali integrali e legumi, e meno carne e prodotti animali, sono un valido alleato per chi aspira a una vita più lunga e in salute.

Tra i paesi più longevi al mondo troviamo nella top 3:

  • Hong Kong (85.63)
  • Giappone (84.85)
  • Core adel Sud (84.43)

Tra gli abitanti delle Zona Blu, gli abitanti di Okinawa nel XX secolo avevano il più alto numero di centenari pro capite. La loro dieta era composta da:

  • Carboidrati: 85% delle calorie totali
    • Patate dolci: 69%
    • Cereali: 19%
    • Legumi: 6%
  • Prodotti animali: Solo l’1-2% delle calorie totali.

Nel 1995, la mortalità associata a malattie cardiovascolari tra i maschi di Okinawa era quasi un sesto rispetto a quella delle controparti maschili negli Stati Uniti. Invece tra le donne di Okinawa, la mortalità per malattie cardiovascolari era meno di un dodicesimo rispetto a quella delle controparti femminili negli Stati Uniti.

Tuttavia, l’occidentalizzazione, caratterizzata da un minore consumo di vegetali e un aumento della carne, ha portato a un netto incremento dell’incidenza di malattie cardiovascolari tra i giapponesi, che tradizionalmente avevano un’incidenza molto bassa.

Per quanto riguarda la popolazione avventista di Loma Lima, la cardiopatia ischemica e la mortalità complessiva per CVD sono state associate a una riduzione, rispetto agli onnivori, del 24% e del 23% nei vegetariani (latticini e uova, ma niente carne). I maschi vegani (nessun prodotto di origine animale) invece, hanno avuto una riduzione del 55% e del 42%.

*Paesi Zone Blu: Sardegna (Italia), L’isola di Okinawa (Giappone), Penisola di Nicoya (Costa Rica), Icaria (Grecia), Loma Linda (California)

Fonte: Journal of Cardiovascular development and disease (2023)

Vegetariani e vegani: i dati in Italia e nel mondo

Secondo il Rapporto Italia di Eurispes del 2024, le persone che mangiano più vegetale risultano in aumento nel Bel Paese. A dichiarare di essere vegetariani è il 7,2%, seguiti dal 2,3% di chi si dichiara vegano. Il 5% dichiara invece di essere stato vegetariano in precedenza.

Rispetto all’anno scorso, i vegetariani sono cresciuti del 3%, segnando il valore più alto degli ultimi dieci anni. D’altra parte, la percentuale di vegani è rimasta stabile rispetto al 2023.

Osservando un periodo più lungo, dal 2014 al 2024, la popolazione vegana è quadruplicata, evidenziando una crescita lenta ma costante, che offre speranza agli studiosi.

A livello mondiale, nel 2023, si stimano 2,6 milioni di vegani in Europa, che corrispondono al 3,2% della popolazione europea. Negli Stati Uniti, invece, il 5% della popolazione afferma di seguire una dieta esclusivamente a base vegetale, con il 35% di questi individui motivati da ragioni di salute.

Previsioni future

La popolazione mondiale è in costante aumento e si prevede che passerà dagli 8 miliardi del 2020 a circa 8,5 miliardi entro il 2030 e quasi 9,7 miliardi nel 2050, con l’Africa subsahariana che sarà responsabile di gran parte di questa crescita.

Allo stesso tempo, la popolazione globale sta invecchiando rapidamente. Nel 2020, oltre 1 miliardo di persone aveva più di 60 anni:

  • nel 2030 si prevede che questo numero salirà a 1,4 miliardi
  • nel 2050 la stima è prevista a 2,1 miliardi, portando questa fascia d’età a rappresentare il 22% della popolazione mondiale.

Con l’invecchiamento della popolazione, il carico delle malattie non trasmissibili, come le malattie cardiovascolari (CVD), continuerà ad aumentare. Anche se il tasso di mortalità standardizzato per età è diminuito grazie ai progressi nella prevenzione e nel trattamento, il numero di decessi per CVD è destinato a salire da circa 18,9 milioni nel 2020 a oltre 22,2 milioni nel 2030, fino a raggiungere i 32,3 milioni nel 2050. Questi eventi non si limitano ai decessi: ogni vita persa per CVD è spesso seguita da ulteriori episodi gravi che pesano sui costi sanitari e sociali.

Di fronte a questa sfida crescente, la spesa globale per la sanità continuerà a salire, passando dall’8,6% del PIL mondiale nel 2020 a circa il 9,4% nel 2050.

Cambiare oggi per salvare il domani

Viviamo in un’epoca in cui le malattie cardiovascolari, purtroppo, continuano a dominare le statistiche di mortalità a livello globale. Tuttavia, dietro a questi numeri c’è una verità cruciale: gran parte di queste malattie è prevenibile. In un mondo che ci presenta quotidianamente nuove sfide e opportunità, è essenziale compiere scelte consapevoli per migliorare la nostra salute.

Le istituzioni e il governo hanno un ruolo cruciale nel promuovere politiche che supportino la salute pubblica, garantendo accesso a informazioni, risorse e ambienti che incoraggiano uno stile di vita sano. Tuttavia, il cambiamento può e deve partire da noi stessi, giorno dopo giorno. Adottare uno stile di vita sano non è solo una questione di prevenzione, ma di rispetto verso noi stessi e i nostri cari, a cui toccherà prendersi cura di noi se non preserviamo il nostro corpo in salute.

Ogni passo verso una dieta equilibrata e più vegetale, ogni minuto dedicato all’attività fisica, ogni decisione di evitare il fumo e l’alcool sono investimenti nel nostro futuro e in quello della nostra comunità. La consapevolezza è il primo passo verso il cambiamento: non è mai troppo tardi per iniziare a fare scelte che possano trasformare la nostra vita e ridurre l’impatto di questa pandemia silenziosa.

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