Durante il sesto congresso dello European Myeloma Network (EMN), tenutosi ad Atene, sono stati diffusi dati promettenti sull’efficacia di daratumumab somministrato per via sottocutanea, in combinazione con bortezomib, lenalidomide e desametasone, nei pazienti con mieloma multiplo di nuova diagnosi. I risultati emergono dagli studi Perseus e Cepheus e mostrano benefici significativi in termini di sopravvivenza libera da progressione (PFS), sia nei pazienti candidabili al trapianto autologo di cellule staminali (Te), sia in quelli non eleggibili o con trapianto differito (Td).
In particolare – si legge in una nota – le proiezioni della Pfs mediana di entrambi gli studi risultano essere significativamente più lunghe nel braccio sperimentale contenente daratumumab-VRd rispetto al braccio di controllo con VRd. Di recente, questa combinazione con daratumumab, in formulazione sottocutanea, ha ricevuto l’approvazione dalla Commissione europea per l’estensione di indicazione per il trattamento in prima linea dei pazienti adulti affetti da mieloma multiplo di nuova diagnosi.
“Oggi la sopravvivenza dei pazienti affetti da mieloma multiplo e arruolati negli studi clinici si prolunga spesso oltre la durata degli stessi studi clinici – afferma Elena Zamagni – Professore associato di Ematologia dell’Istituto di Ematologia “L. e A. Seràgnoli” dell’Irccs Aou S. Orsola-Malpighi di Bologna – Il ricorso ai modelli matematici di previsione sta diventando quindi sempre più diffuso per riuscire a stimare i benefici dei trattamenti sulla sopravvivenza dei pazienti. Le proiezioni della sopravvivenza libera da progressione presentate indicano che, con un follow-up più lungo dello studio Perseus, l’aspettativa di vita per le persone affette da mieloma multiplo di nuova diagnosi eleggibili al trapianto potrebbe essere prossima a quella che sarebbe la loro aspettativa di vita senza la malattia. Questi dati rafforzano l’importanza cruciale del trapianto associato al trattamento con daratumumab e alla terapia di mantenimento per raggiungere i migliori risultati possibili”.
Come riporta la nota, lo studio Perseus ha coinvolto pazienti con età mediana di 60 anni, idonei al trapianto. Dopo circa quattro anni di follow-up (47,5 mesi), il trattamento daratumumab-VRd seguito da mantenimento con daratumumab Sc e lenalidomide (D-R) ha comportato una riduzione del rischio di progressione o morte del 58% rispetto al gruppo trattato con VRd seguito da sola lenalidomide (R). Nello studio Cepheus, dopo un follow-up di 58,7 mesi, il trattamento con la combinazione daratumumab-VRd ha portato a una riduzione dello stesso parametro del 43% rispetto a VRd.
Sulla base di questi risultati – prosegue la nota – la Pfs mediana per il braccio daratumumab-VRd non è stata ancora raggiunta in nessuno dei 2 studi, dimostrando l’importanza dell’utilizzo di modelli a lungo termine come base per decisioni di tipo clinico ed economico. L’utilizzo di modelli matematici di previsione ha mostrato che nello studio Perseus la stima migliore di mPfs è di 17,1 anni (range tra 13,2-21,2 anni) per daratumumab-VRd seguito dal mantenimento con D-R rispetto a 7,3 anni (6,3-9.9 anni) per VRd seguito da R. Per la popolazione non eleggibile al trapianto dello studio Cepheus, la mPfs stimata è stata di 8,3 anni (8,0-9,8 anni) per il trattamento daratumumab-VRd rispetto a 4,4 anni (4,3-4,5 anni) per VRd. Nel complesso, entrambi i modelli predittivi hanno mostrato che l’aggiunta di daratumumab al trattamento ha aumentato significativamente la mPfs.
“Il miglioramento degli outcome a lungo termine rimane uno dei principali obiettivi per il trattamento del mieloma multiplo, dove l’età mediana alla diagnosi è di circa 65 anni – dichiara Edmond Chan di Emea Therapeutic Area Lead Haematology, Johnson & Johnson Innovative Medicine. E continua: “I nuovi dati e le proiezioni presentate suggeriscono come i pazienti che ricevono la terapia con daratumumab potrebbero non avere progressioni della malattia e avere un’aspettativa di vita simile a chi non è affetto da mieloma multiplo, confermando le potenzialità di daratumumab nella sua formulazione sottocutanea e il suo ruolo come terapia in prima linea innovativa per questa malattia, a prescindere dalla eleggibilità per il trapianto”.