Endometriosi: rimane tabù e ancora ritardi nelle diagnosi

“parliamo di #endometriosi”

L’endometriosi è una malattia infiammatoria cronica che interessa circa il 10% delle donne e i cui meccanismi sono ancora oggetto di studio. La dismenorrea adolescenziale, ossia il dolore mestruale, è uno dei segnali principali di possibili lesioni endometriali, ma, al momento, si registra ancora un ritardo medio di 6 anni nella diagnosi. Oltre il 60% delle adolescenti che soffrono di dolori mestruali debilitanti, potrebbero già essere affette da questa patologia.

Per molti, l’endometriosi ancora oggi è un tabù, andrebbe pertanto sostenuta e promossa ogni iniziativa volta a far conoscere questa malattia. E’ necessario abbattere dunque quel muro affinché chi ne è affetto si senta più compreso e sostenuto.

In Italia, l’endometriosi colpisce circa 3 milioni di donne e nel 30% dei casi è una causa di infertilità. La Società Italiana della Riproduzione Umana (SIRU) lancia un appello: è fondamentale sensibilizzare maggiormente la popolazione riguardo questa malattia complessa, che interessa tra il 5% e il 10% delle donne in età riproduttiva, per un totale di circa 3 milioni di donne in Italia, e che in un terzo dei casi provoca difficoltà nel concepimento. Nonostante l’impatto significativo che l’endometriosi ha sulla vita delle donne e i costi sociali ad essa associati, la ricerca sull’argomento riceve fondi insufficienti.

Secondo le ultime indagini, la Comunità Europea ha destinato solo 15,6 milioni di euro a progetti legati all’endometriosi negli ultimi anni, una somma esigua considerando che le perdite annuali dovute alle assenze lavorative per questa malattia ammontano a circa 30 miliardi di euro.

In occasione della Giornata Mondiale dell’Endometriosi, che si celebra oggi 28 marzo 2025, la Professoressa Flaminia Coluzzi, di Anestesiologia e Terapia del Dolore all’Università Sapienza di Roma – Azienda Ospedaliera Universitaria Sant’Andrea, spiega

“Nonostante il dolore sia la principale causa per cui una donna in età fertile si rivolge al proprio medico curante , il ritardo diagnostico medio tra l’esordio dei sintomi e la diagnosi di endometriosi è stato stimato in oltre 6 anni. Per molte donne, ancora oggi, è ritenuto normale provare dolore, anche quando l’intensità è così elevata da non consentire una vita normale. La presenza di giovani donne negli ambulatori di medicina del dolore rappresenta un chiaro indicatore di questo ritardo. Quando l’endometriosi evolve in dolore pelvico cronico, il trattamento diventa significativamente più complesso.

L’esperta aggiunge: “Sebbene la terapia ormonale sia generalmente il trattamento di prima linea, negli ultimi anni è aumentata l’attenzione sul ruolo della neuroinfiammazione a livello periferico e nel sistema nervoso centrale. Le variazioni ormonali che si verificano nel ciclo ovarico determinano fisiologicamente fenomeni infiammatori e conseguente dolore pelvico ciclico, noto come dismenorrea primaria, trattato efficacemente con i comuni analgesici. Tuttavia, a livello pelvico sono presenti anche cellule della nostra immunità innata, note come mastociti, che fisiologicamente proteggono il nostro sistema nervoso, ma quando iperattivate, possono determinare fenomeni patologici di sensibilizzazione centrale, con la conseguenza che i segnali provenienti dalle strutture pelviche vengono amplificati. Questo fenomeno, noto come neuroinfiammazione, è alla base dell’evoluzione verso il dolore pelvico cronico”.

La dottoressa Coluzzi parla poi di alcuni studi effettuati di recente che: “hanno dimostrato che la mestruazione retrograda, cioè detriti di tessuto endometriale che invece di fuoriuscire verso l’esterno tornano indietro lungo le tube e si depositano nello scavo pelvico, rappresenta un potente stimolo alla degranulazione dei mastociti e alla liberazione di citochine proinfiammatorie, che sensibilizzano le strutture nervose in periferia e causano neuroinfiammazione“.

Paola Viganò, Responsabile Laboratorio PMA del Policlinico di Milano, afferma: “In questo contesto la procreazione medicalmente assistita (PMA) si presenta come una soluzione fondamentale per le donne che desiderano avere figli nonostante la malattia. La PMA offre l’opportunità di superare le barriere fisiche e infiammatorie derivanti dall’endometriosi, aumentando le probabilità di concepimento. Infatti, consente di avere un buon controllo sui processi di fecondazione e impianto dell’embrione, riducendo significativamente gli effetti negativi della malattia”.

Edgardo Somigliana – Direttore del Pronto Soccorso Ostetrico-Ginecologico e PMA del Policlinico di Milanodichiara: “Attualmente, le opzioni terapeutiche non comprendono una cura definitiva per l’endometriosi ma esistono diverse strategie per gestire e controllare i sintomi. Farmaci ormonali, come contraccettivi orali e progestinici, sono frequentemente utilizzati per mantenere la malattia sotto controllo. L’intervento chirurgico è un’opzione riservata ai casi in cui il dolore persiste, con l’obiettivo di rimuovere le lesioni e migliorare la qualità della vita”.