Grazie al lavoro di un gruppo di scienziati italiani è stato identificato un nuovo gene che sta alla base dell’inizio dell’Alzheimer: il ‘Grin2c’. La ricerca che ha coinvolto un grande gruppo di scienziati è stata pubblicata sulla rivista ‘Alzheimer’s Research & Therapy’.
Un lungo studio guidato da Elisa Rubino, ricercatrice del Centro per la Malattia di Alzheimer e le demenze correlate presso l’Ospedale Molinette della Città della Salute di Torino e dell’Università di Torino, sotto la direzione del Professor Innocenzo Rainero.
Il team, impegnato da tempo nello studio delle cause genetiche della malattia Alzheimer, ha studiato per diversi anni una famiglia italiana malata ad esordio senile, scoprendo che la malattia era causata da mutazioni nel gene Grin2c, che codifica per una subunità del recettore Nmda per il glutammato.
Questo risultato è stato reso possibile grazie all’impiego di tecniche avanzate di genetica molecolare e grazie alla collaborazione della Professoressa Elisa Giorgio del Dipartimento di Medicina Molecolare dell’Università di Pavia e del Professore Alfredo Brusco del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Torino. Inoltre, con il supporto del Professore Fabrizio Gardoni del Dipartimento di Farmacologia e Scienze Biomolecolari dell’Università di Milano, è stato possibile dimostrare gli effetti di questa mutazione in modelli cellulari, osservando un incremento dell’eccitabilità neuronale e alterazioni nel legame della proteina con altre proteine neuronali.
L’Alzheimer è una malattia neurodegenerativa progressiva che colpisce principalmente la memoria, il comportamento e il pensiero nei pazienti. E’ la forma più comune di demenza, si ritiene che sia legata all’accumulo di placche di proteine dannose per il cervello, come la beta amiloide e la proteina tau, che danneggiano le cellule nervose interrompendo la comunicazione tra loro e favorendo il processo di neurodegenerazione.
I sintomi dell’Alzheimer iniziano a presentarsi in maniera graduale e tendono ad aggravarsi nel tempo. Le persone affette possono riscontrare difficoltà a ricordare eventi recenti o prendere decisioni, man mano che la malattia progredisce possono verificarsi problemi più gravi come confusione, disorientamento e difficoltà a riconoscere le persone familiari.
La ricerca scientifica ha evidenziato che tra i fattori ambientali più rilevanti vi sono l’ipertensione, l’obesità, il diabete, la depressione e l’isolamento sociale.
Colpisce circa il 5% della popolazione over 65 e circa il 25% degli anziani con più di 85 anni. Esiste inoltre una forma più rara di Alzheimer precoce detta anche Alzheimer giovanile, che colpisce persone tra i 30 e i 60 anni e rappresenta una percentuale tra il 5% e il 10% di tutti i casi clinici riscontrati.
“Ad oggi erano note rare mutazioni nei geni Psen1, Psen2 e App, quali causa di malattia di Alzheimer, principalmente in età presenile”, commenta il Professor Rainero, che aveva contribuito già nel 1995 all’identificazione di Psen1. “Questa scoperta suggerisce il ruolo di rare mutazioni genetiche anche come causa della malattia in età senile”.