Trump e gli accordi di Parigi: un passo indietro sul climate change

L’uscita degli Stati Uniti dall’accordo di Parigi sul clima, decisa nuovamente dal presidente Donald Trump, rappresenta un passo indietro significativo nella lotta globale contro il cambiamento climatico. Dopo oltre dieci anni di negoziati, nel dicembre 2015, più di 190 Paesi avevano raggiunto un accordo storico sul clima durante la ventunesima Conferenza delle Parti di Parigi (COP21). L’intesa, finalizzata a contrastare il riscaldamento globale, è stata firmata il 22 aprile 2016 e ha visto la partecipazione di 195 Paesi, inclusi gli Stati Uniti, che si erano impegnati a limitare l’aumento delle temperature globali. Tuttavia, pochi anni dopo, Trump ha deciso di ritirare il Paese dall’accordo, un passo che già aveva compiuto durante il suo primo mandato.

L’accordo, entrato in vigore il 4 novembre 2016, ha stabilito obiettivi chiari per la lotta al cambiamento climatico. Uno degli aspetti più rilevanti dell’accordo è l’impegno a contenere il riscaldamento globale entro i 2 gradi rispetto ai livelli pre-industriali, con l’aspirazione di non superare 1,5 gradi. Tuttavia, a distanza di anni, questo obiettivo appare oggi sempre più lontano, considerando gli ultimi dati sul riscaldamento globale.

In base all’accordo, i Paesi firmatari sono tenuti a stabilire e attuare obiettivi concreti per ridurre le emissioni di gas serra, con particolare attenzione all’anidride carbonica, ma anche al metano e ai refrigeranti HFC. Il piano prevede inoltre verifiche quinquennali degli impegni presi, al fine di monitorare i progressi e garantire l’efficacia delle politiche adottate.

Un altro pilastro fondamentale dell’accordo è il sostegno finanziario ai Paesi più poveri, con l’istituzione del Green Climate Fund, che prevede un contributo annuale da parte dei Paesi più ricchi per aiutare le nazioni in via di sviluppo ad affrontare le sfide del cambiamento climatico. Nel 2024, durante la COP29 di Baku, è stato deciso di triplicare gli aiuti climatici, portandoli da 100 a 300 miliardi di dollari, con un piano graduale di attuazione fino al 2035.

L’accordo di Parigi ha segnato una novità politica importante: per la prima volta, anche i maggiori produttori di gas serra, come Stati Uniti e Cina, hanno aderito all’intesa. In passato, infatti, entrambi i Paesi avevano rifiutato di sottoscrivere il Protocollo di Kyoto per evitare che le restrizioni sul clima ostacolassero la loro crescita economica. Oggi, dopo l’uscita annunciata da Trump, la Cina continua a difendere l’accordo di Parigi, mantenendo un ruolo di guida internazionale nella lotta al cambiamento climatico.

Con l’abbandono degli Stati Uniti dall’accordo, il futuro della lotta globale al cambiamento climatico appare incerto, mentre cresce la pressione su altri Paesi per rafforzare gli impegni e garantire la sostenibilità del piano. Le discussioni sulle politiche climatiche continuano, ma il passo indietro di Trump ha sollevato preoccupazioni sulle prospettive di un’efficace cooperazione internazionale per proteggere il nostro pianeta.

ALTRE NOTIZIE