Brics uniti contro i dazi Usa, avanti con le valute locali

Donald J Trump

Mentre la politica dei dazi di Donald Trump punta a dividere e rilanciare il protezionismo, i Brics rispondono con un fronte sempre più coeso. Sotto la presidenza di turno del Brasile, i ministri degli Esteri del blocco – che oggi riunisce 11 Paesi tra cui Cina, India, Russia e Brasile – hanno lavorato a Rio de Janeiro per rafforzare l’uso delle valute locali nei commerci interni, costruendo le basi di una piattaforma alternativa ai circuiti finanziari dominati dal dollaro statunitense.

La proposta non mira, almeno per ora, alla creazione di una nuova moneta, ma alla possibilità di condurre scambi in modo più efficiente e meno costoso. “Non si tratta di sostituire una valuta, ma di facilitare le transazioni tra i nostri Paesi”, ha chiarito il ministro degli Esteri brasiliano Mauro Vieira, sottolineando che una prima esperienza positiva è già visibile nell’ambito dell’Aladi, l’associazione per l’integrazione dell’America Latina.

Il capo della diplomazia russa, Serghey Lavrov, ha spiegato che l’obiettivo è rafforzare l’utilizzo delle monete nazionali, mentre “le basi per una futura infrastruttura sono già state delineate nella dichiarazione di Kazan del 2024”. Lavrov ha poi aggiunto che, quando le condizioni lo permetteranno, si potrà tornare a discutere della possibilità di una moneta unica Brics.

Dietro questo slancio, c’è anche la volontà di contrastare gli effetti delle sanzioni occidentali. “L’economia globale si sta frammentando, e i Paesi del Sud e dell’Est del mondo stanno riducendo l’uso delle valute occidentali per proteggersi”, ha affermato Lavrov. I dati della Camera di commercio e industria dei Brics lo confermano: nel 2024, per la prima volta, il volume delle transazioni tra Paesi Brics in valute nazionali ha superato quello in dollari Usa. Una tendenza avviata già a partire dal 2022.

Anche se le anime dei Brics restano eterogenee, la pressione delle politiche statunitensi sta cementando nuove convergenze. L’alleanza non è solo una risposta al protezionismo, ma anche una strategia per ritagliarsi maggiore autonomia economica e politica nel contesto internazionale.