Voto fuori sede: finalmente un diritto, non un privilegio

Ci siamo. Per la prima volta, tutti gli studenti e lavoratori fuori sede potranno votare da dove vivono. Nessuna corsa all’ultimo treno, nessun volo da 300 euro, nessuna rinuncia obbligata. Questa volta si vota. E si può fare davvero la differenza.

Domenica 8 e lunedì 9 giugno siamo chiamati a esprimerci su 5 referendum popolari abrogativi. Quattro parlano di lavoro, uno di cittadinanza. Temi che toccano la pelle delle nostre generazioni. Temi che riguardano le condizioni di vita quotidiana, la dignità sul lavoro, l’accesso ai diritti per chi nasce e cresce nel nostro Paese. Temi che non possiamo più lasciare in mano ad altri.

E quest’anno, chi studia o lavora lontano da casa non è più costretto a scegliere tra il voto e la vita quotidiana. Finalmente, si può votare anche se si è lontani dalla propria città. Non è più necessario rinunciare a un diritto solo perché si è scelto di formarsi o di lavorare in un’altra regione.

Chi può votare fuori sede?

Se sei domiciliato per almeno tre mesi in una provincia diversada quella dove sei iscritto alle liste elettorali, e sei lì per motivi di studio, lavoro o salute, puoi votare nel tuo comune attuale. È tutto previsto dall’articolo 2 del decreto-legge n.27/2025, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 19 marzo scorso.

È una sperimentazione, sì, ma è anche una svolta storica. Perché riconosce, finalmente, la realtà di milioni di persone che vivono, studiano e lavorano lontano da casa e che non devono più essere escluse dalle urne.

Come si fa?

Hai tempo fino al 4 maggio per fare richiesta. Serve davvero poco. Ti basterà:

• una carta d’identità valida;

• la tessera elettorale;

• un documento che dimostri i tuoi motivi (es. iscrizione universitaria, contratto di lavoro, certificato medico, dichiarazione del datore di lavoro).

La domanda puoi presentarla:

• di persona presso il comune di domicilio;

• tramite una persona delegata;

• oppure online, in via telematica (più veloce, più comoda).

Se i tuoi piani cambiano, puoi revocare la richiesta entro il 14 maggio. In più, se vuoi contribuire attivamente, puoi candidarti per far parte del seggio speciale: come presidente o scrutatorenel tuo comune temporaneo.

Perché è importante?

Perché per troppi anni abbiamo sentito dire: “Eh, non torno a casa, non voto”. Perché la partecipazione non dovrebbe mai dipendere da un biglietto del treno o da una coincidenza persa. Perché migliaia di giovani sono rimasti esclusi dal dibattito politico solo per una questione logistica. Perché la democrazia è bella solo quando è accessibileE questa è la prima volta in cui lo è davvero.

Non è un favore. È un diritto. E adesso tocca a noi: difenderlo, usarlo, renderlo permanente.

E dopo il referendum?

Questo è solo un primo passo. Il voto fuori sede deve diventare permanente. Non solo per i referendum, ma per tutte le elezioni: politiche, regionali, comunali, europee. Perché la partecipazione non può valere a intermittenza. Perché la cittadinanza non può dipendere dalla distanza.

Esiste una proposta di legge che va proprio in questa direzione che si chiama Voto Dove Vivo, ma è ferma in Senato da due anni. Chiede che questo diritto venga esteso e reso stabile. Non possiamo limitarci ai provvedimenti straordinari. Non possiamo accontentarci.

Abbiamo aperto una porta. Ora dobbiamo tenerla spalancata. Per noi, per chi verrà dopo di noi, per un’Italia in cui votare è sempre possibile, ovunque si viva.

Vota. Da dove vivi. Come non ti era mai stato concesso. E fai sentire la tua voce.