La posta in palio per eventuali dazi USA all’Italia è alta anche perché gli Stati Uniti sono il secondo mercato di destinazione dell’export dell’Italia, mentre sono il settimo fornitore dell’Italia.
Ma diversi fattori vanno considerati, anche alla luce del declino del settore manifatturiero statunitense che negli ultimi 50 anni è passato dal 25% del pil all’inizio degli anni ’70 al 10% di oggi, e quindi della sua dipendenza’ strutturale da altri Paesi, per alcuni prodotti. Inoltre è atteso una rivalutazione in crescita del dollaro, che potrebbe controbilanciare la sovrattassa che si potrebbe collocare tra 10% e il 20%.
Non è da sottovalutare anche l’effetto ‘cascata’ che la misura potrebbe avere sull’economia dell’Italia, come ad esempio l’incidenza che avrebbe l’introduzione dei dazi in economie come quelle della Germania, già messa a dura prova, che è strettamente collegata con l’Italia.
Molto dipenderà dalla risposta della Cina all’introduzione di misure che ostacolano le sue esportazioni. Si tratta di imprevedibili reazioni da considerare per poter arrivare ad una valutazione complessiva degli effetti che produrrà la mossa annunciata dal Presidente Donald Trump.
Secondo i dati dell’Istat, le esportazioni verso gli Usa nel 2024 ammontano a 68,2 miliardi di euro (pari al 10,7% del totale dell’export). Le importazioni sono state pari a 29,3 miliardi di euro (pari al 4,6% del totale), con un saldo positivo di 38,9 miliardi di euro. Nel 2023 le esportazioni dell’Italia nei confronti dei paesi non appartenenti all’UE sono state pari a 301,8 miliardi di euro, in aumento del 2,1% rispetto all’anno precedente, mentre le importazioni sono state pari a 256,2 miliardi, in calo del 20,3%, con un saldo positivo di 45,6 miliardi di euro. Complessivamente nello stesso anno l’export del paese ha raggiunto i 626 miliardi.
Le esportazioni dell’Italia verso gli Usa rappresentano il 10,7% del totale e, secondo le stime di Prometeia, i nuovi dazi potrebbero determinare costi aggiuntivi per l’Italia tra 4 e 7 miliardi di euro. Tuttavia secondo alcuni analisti va considerato che l’apprezzamento del dollaro sull’euro, verificatosi negli ultimi mesi, a cui va aggiunto l’aumento delle scorte di merci da parte delle imprese americane, come forma di tutela rispetto all’introduzione di eventuali dazi, che potrebbero determinare effetti positivi per l’export italiano.
Il dollaro, secondo gli esperti, dovrebbe registrare un apprezzamento nei confronti dell’euro che potrebbe neutralizzare i dazi. Infatti, la svalutazione della moneta europea potrebbe controbilanciare gli effetti del tributo extra sui prodotti importati dagli Stati Uniti, e quindi portare a un saldo a sorpresa sul costo finale dei prodotti made in Italy acquistati dagli americani. Anche misure tariffarie più elevate, annunciate contro Cina e Messico, potrebbero avere effetti opposti, aprendo spazi competitivi per il made in Italy.
Inoltre, occorre sottolineare che gli Stati Uniti sono ‘consumatori di ultima istanza‘, in quanto negli anni hanno ridotto la loro manifattura e la possibilità di una rinascita ”appare quantomeno remota”, secondo uno studio della Banca del Fucino. In passato la chiusura degli USA ai prodotti cinesi ha portato a uno spostamento degli acquisti: il deficit commerciale con il paese asiatico è passato dal 68,5% del totale al 32,1% in meno di 10 anni ma non c’è stata una riduzione del deficit commerciale. Gli Stati Uniti, infatti, non hanno smesso di importare ma hanno solo cambiato fornitori.
Inoltre non bisogna dimenticare la peculiarità dei prodotti italiani di maggior valore più esportati dagli USA: macchinari e apparecchiature, mezzi di trasporto, articoli farmaceutici. E’ quindi presumibile che gli Stati Uniti nel breve-medio termine non saranno in grado di rimpiazzare le forniture italiane. Infine va considerato che i dazi saranno applicati su tutti i prodotti importati dagli Stati Uniti e quindi tutti i paesi si troverebbero nelle stesse difficoltà dell’Italia.