Di fronte ai numeri record registrati nel 2023 sull’imposta di soggiorno, la Federazione nazionale delle Associazioni della Ricettività Extralberghiera (FARE) lancia un appello chiaro alle istituzioni: vincolare l’utilizzo della tassa di scopo a interventi concreti per migliorare l’accoglienza turistica e impedire che venga assorbita nei bilanci comunali.
“I dati sulla crescita dell’imposta di soggiorno sono incoraggianti – spiega il Presidente di FARE, Elia Rosciano – ma è doveroso osservare che nessun Comune si attiene agli scopi per cui questi importi sono previsti e imposti al turista: migliorare i servizi legati al turismo. Troppo spesso, oltre l’80% del gettito viene usato per ripianare i buchi di bilancio, senza alcun ritorno tangibile in termini di destagionalizzazione, eventi culturali o valorizzazione del territorio”.
La questione si è riaccesa anche a seguito della proposta di emendamento al decreto-legge sulle pubbliche amministrazioni, che prevede la possibilità, per il biennio 2025-2026, di utilizzare fino al 50% dell’imposta per le spese correnti dei Comuni. Una misura che ha allarmato molte sigle del settore, ma che per FARE rappresenta “solo il sintomo di un sistema da ripensare alla radice”.
Secondo i dati ISTAT, il comparto extralberghiero rappresenta oltre il 55% dei posti letto disponibili in Italia e contribuisce per il 40% al gettito complessivo dell’imposta di soggiorno. Eppure, secondo FARE, le decisioni su come impiegare quei fondi raramente coinvolgono chi lavora ogni giorno nel turismo.
“È opportuno – prosegue Rosciano – che la normativa preveda un vincolo chiaro di destinazione delle risorse, definito in modo partecipato con le associazioni di categoria e le realtà del territorio, che meglio di chiunque altro conoscono le esigenze della comunità e dei visitatori”.
In diversi Comuni sono stati già istituiti comitati di indirizzo sull’utilizzo dell’imposta di soggiorno. FARE chiede che la propria rappresentanza sia formalmente inclusa in tali organismi, per contribuire a una gestione trasparente e strategica delle risorse.
“L’imposta di soggiorno è un’opportunità – conclude Rosciano – non una pianta da potare, ma un seme da coltivare con attenzione, visione e rispetto per chi ogni giorno lavora nel turismo. Se ben usata, può diventare un motore di sviluppo per il territorio e un alleato concreto per l’accoglienza e la qualità dell’offerta turistica italiana”.