Il Papa della Generazione Z: oltre l’idolatria politica

Papa Francesco

Con la scomparsa di Jorge Mario Bergoglio, noto al mondo come Papa Francesco, si chiude un capitolo che ha segnato profondamente la storia recente della Chiesa e della società globale. Papa Francesco non è stato soltanto il 266° successore di Pietro: per milioni di giovani della Generazione Z, è stato l’unico Papa conosciuto nella piena consapevolezza della propria crescita culturale e sociale.

Eletto nel marzo 2013, in un’epoca attraversata da grandi trasformazioni sociali, ambientali e digitali, Francesco ha incarnato un nuovo stile di pontificato: più diretto, accessibile, informale. Il suo primo “buonasera” dalla Loggia delle Benedizioni della Basilica di San Pietro, pronunciato con semplicità quasi disarmante, è rimasto impresso come un simbolo della sua cifra comunicativa.

La Generazione Z è cresciuta in un’epoca di forte secolarizzazione, dove l’appartenenza religiosa è diventata per molti più fluida o residuale. In questo contesto, Papa Francesco ha saputo intercettare la sensibilità dei giovani con un linguaggio capace di abbattere barriere, anche a costo di suscitare incomprensioni.

La sua attenzione verso temi come la cura del Creato (Laudato si’, 2015), l’inclusione sociale, la giustizia economica e il rifiuto della “cultura dello scarto” ha trovato eco in una generazione fortemente orientata ai valori ambientali e sociali. Francesco ha offerto una visione della fede come esperienza radicata nell’umanità, lontana dalle rigidità ideologiche, pur rimanendo all’interno dei confini dottrinali della Chiesa.

Nel corso del suo pontificato, però, la figura di Papa Francesco è stata frequentemente oggetto di strumentalizzazioni politiche.
Tanto a destra quanto a sinistra, si è assistito al tentativo di appropriarsi delle sue dichiarazioni, talvolta esaltandolo come vessillo progressista, altre volte criticandolo come simbolo di un presunto tradimento delle tradizioni.

Emblematiche, in questo senso, sono state le reazioni contrastanti alle sue posizioni su migranti, ambiente, giustizia sociale e diritti civili. Se da un lato ha promosso l’accoglienza e la solidarietà come imperativi morali, dall’altro ha mantenuto fermezza su temi come l’ordinazione delle donne e la concezione del matrimonio, suscitando delusione in alcuni ambienti progressisti.

Il rischio, ancora oggi evidente, è ridurre il pontefice a un semplice attore politico, sovrapponendo alla sua missione pastorale agende di parte.

Papa Francesco ha rappresentato anche le contraddizioni della propria epoca.
Se da un lato ha mostrato coraggio nell’affrontare la crisi degli abusi nella Chiesa — convocando nel 2019 un vertice mondiale sulla protezione dei minori — dall’altro è stato criticato per una certa lentezza nel cambiare concretamente strutture e meccanismi interni.

Allo stesso modo, mentre parlava con apertura delle persone LGBTQ+ (“Chi sono io per giudicare?”), le posizioni ufficiali della Chiesa su matrimonio e dottrina morale sono rimaste sostanzialmente invariate.

Questa complessità, che talvolta è stata letta come incoerenza, ha reso Papa Francesco una figura autenticamente umana, più vicina alle tensioni reali che attraversano la società contemporanea.

Per la Generazione Z, al di là delle adesioni religiose individuali, Papa Francesco ha rappresentato soprattutto un collante sociale: un punto di riferimento capace di richiamare all’essenzialità dei valori umani — rispetto, giustizia, compassione — in un mondo sempre più frammentato.

La sua figura ha dimostrato che l’autorità morale non risiede nella forza, nella retorica o nella rigidità, ma nella capacità di ascoltare e parlare a tutti, credenti e non credenti.

In un’epoca in cui la politica fatica a proporre visioni condivise, Francesco ha ricordato che l’umanità deve precedere l’ideologia. Un messaggio semplice, ma fondamentale, che tutte le generazioni si trovano ora a raccogliere senza più il volto di quel Papa che avevano imparato a conoscere come uno di loro.