Si smorza l’entusiasmo della comunità internazionale e dei cittadini palestinesi suscitato ieri sera dall’annuncio trionfalistico del Presidente degli Stati Uniti Joe Biden e del Presidente eletto Donald Trump sull’accordo raggiunto tra Israele e Hamas per il “cessate il fuoco” suddiviso in tre fasi.
La tregua sarebbe stata fissata per la giornata di domenica, ma al momento le trattative sono ferme.
Poco fa, infatti, il Capo dei Mossad israeliano, che si trova a Doha, in Qatar, ha dichiarato che purtroppo “nelle trattative permangono dettagli ancora irrisolti”.
Del resto, in precedenza, Netanyahu aveva parlato di un tentativo di “estorcere nuove concessioni da parte di Hamas”. Le questioni ancora aperte sarebbero due e non del tutto banali: la prima riguarda il braccio di ferro sui nomi di alcuni dei palestinesi nelle carceri israeliane da rilasciare in cambio degli ostaggi trattenuti da Hamas. Netanyahu dice – “ decidiamo noi chi rilasciare e poi c’è la questione del controllo del confine tra la Striscia di Gaza, l’Egitto e Israele – che dice di volerlo ancora presidiare dalle proprie truppe per tutti i giorni dalla prima fase e che dunque non vi sarà nessuna smobilitazione.
I responsabili di Hamas, invece, confermano di essere impegnati a rispettare gli accordi.
Gli ostaggi, intanto, hanno tenuto conferenza stampa on line e fanno sapere di essere in attesa e che crederanno alla tregua solo quando sarà realmente attuata.
I negoziatori israeliani hanno ricordato che dall’altro lato c’è un’organizzazione terroristica assassina e non un interlocutore qualunque.
Domenica dovrebbe scattare la tregua e si guarda anche alle tre fasi dell’accordo che dovrebbero comportare un aumento degli aiuti umanitari. Scambio di ostaggi, ritiro delle truppe israeliane e cessate il fuoco, questi i punti salienti delle tre fasi.
La seconda fase è sicuramente quella più difficile da realizzare perché prevede che vengano risolti tutti i dettagli ancora incerti e in discussione, perché comporterebbe il ritiro totale delle truppe di occupazione israeliana dalla striscia di gas e dal confine con Egitto e Libano.
La terza fase apparentemente più realizzabile, ma necessariamente subordinata al completamento delle prime due, prevede la riconsegna dei corpi degli ostaggi, la ricostruzione della Striscia di Gaza, la formazione di una nuova struttura di Governo e l’ipotesi della formazione di un Contingente militare internazionale con compiti di mantenimento della pace, ripristino della legalità, osservanza dei diritti umani e del diritto internazionale, sotto la supervisione di Egitto, Qatar e Nazioni Unite.
Sembrerebbe, quindi, che siamo in un contesto di guerra aperta e tutt’altro che risolta, come dimostrano i dati relativi ai bombardamenti israeliani di oggi sulla Striscia, a causa dei quali si contano oltre 80 civili uccisi.