Potrebbe essere stato il crollo dei titoli di Stato, più che quello delle Borse, il vero campanello d’allarme che ha convinto Donald Trump a sospendere per tre mesi l’entrata in vigore dei dazi reciproci. Negli ultimi giorni, infatti, il terremoto finanziario si era spostato dai listini azionari al mercato dei Treasury, mandando in picchiata i bond americani e facendo schizzare i rendimenti. Il movimento ha travolto anche l’Europa, con i Btp italiani vicini al 4% e lo spread risalito a quota 134.
Scott Bessent, il Segretario al Tesoro Usa, ha cercato di rassicurare i mercati: “È l’ora di Main Street più che di Wall Street”, ha detto, mentre ammoniva la Cina a non svalutare lo yuan, cosa che invece Pechino sta facendo già da giorni. Larry Summers, ex segretario al Tesoro, ha parlato apertamente di “situazione insolita”, segnalando il rischio di “spirali di instabilità” e indicando una sola via d’uscita: “Trump deve fare marcia indietro”.
È esattamente ciò che è avvenuto. Una scelta che misura la portata del rischio. Negli scorsi giorni, gli investitori avevano cominciato a fuggire anche dai Treasury a lungo termine, facendo balzare i rendimenti dei decennali fino al 5%, un livello che Citigroup ha definito “segnale che il debito Usa non è più un porto sicuro”. L’asta deludente dei titoli a tre anni aveva segnato una svolta, seguita da un’ondata di vendite. Solo la sospensione dei dazi e l’esito positivo dell’asta di oggi su 39 miliardi di titoli decennali hanno permesso un parziale recupero: il rendimento è tornato al 4,30%, ma la tensione resta alta.
La crisi dei Treasury ha travolto anche l’eurozona, con effetti più pesanti sull’Italia. I Btp hanno sfiorato il 4% e lo spread è schizzato in pochi giorni da 110 a 134 punti. La Bce monitora la situazione e prepara contromisure. L’ipotesi di un taglio dei tassi già nella riunione del 17 aprile si fa sempre più concreta. Christine Lagarde ha ricevuto oggi Zhou Yu, dirigente della Banca centrale cinese, in un incontro definito “regolare”, ma che si inserisce nel pieno della crisi. La Bank of England ha lanciato un allarme secco: “La stabilità finanziaria è a rischio”.
“Si stanno avverando gli scenari peggiori che avevamo individuato”, ha detto il governatore spagnolo José Luis Escrivá, riferendosi non solo ai dazi e alla recessione, ma anche alla tenuta del mercato obbligazionario. In caso di peggioramento, la Bce ha ancora a disposizione il TPI, lo strumento creato nel 2022 per fronteggiare crisi di frammentazione nei mercati sovrani dell’area euro, finora mai utilizzato.
Ma l’instabilità tocca anche la dimensione geopolitica e monetaria. L’abbraccio di Trump al mondo crypto e alle stablecoin, accompagnato da un ordine esecutivo contro le valute digitali di banca centrale, mette nel mirino l’euro digitale. La Bce e l’Eurosistema accelerano per completare l’infrastruttura continentale dei pagamenti, alternativa a circuiti dominati da attori Usa e cinesi.
In gioco, avvertono a Francoforte, c’è la sovranità monetaria europea. E con le tensioni internazionali sempre più fitte, il futuro dell’euro digitale non è più solo un progetto tecnologico, ma una risposta strategica a una nuova fase di instabilità globale.